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LA COLTIVAZIONE DELLA VITE NEI TERRENI ARENOSI
La coltivazione della viteha origini millenarie e la trasformazione dei suoi frutti ha portato, nei secoli, alla nascita di numerosi prodotti enologici oggi considerati eccellenze enogastronimche mondiali. Negli ultimi decenni la produzione vinicola si è espansa anche in aree geografiche che non si credeva fossero adatte alla coltivazione, non solo peri cambiamenti climatici che favoriscono climi più miti a latitudinipiù settentrionali, ma anche agli sviluppi delle pratiche agronomiche e degli strumenti di coltivazioni più attuali e innovativi. Per una buona resa della vite tutto dipende dalle condizioni climatiche e dalla tipologia di suolo e, già nel1845, gli studi di agronomia più avanzaticervano di comprendere lapossibilità di coltivarla anche in zone fino a quel momento impensabili.Nel testo"Sulla coltivazione della vite nei terreni arenosi dei litorali"opuscolo numero 10/3del nostro Fondo Antico (per leggere il testo intero cliccare qui) Domenico Rizzi forniva tutte le informazioni scientifiche adeguate per creare unapiantagione di vite nelle aree marittime; zone all'epoca estremamente povere e bisognose di rilancio.Il testo, di grande valore tecnico e minuzioso studio, non può essere riassunto nei suoi termini specifici in queste righe, ma il suo ampio valore di aiuto alla comunità si legge già nelle prime righe:
"I terreni sabbiosi sarebbero in varie forme produttivi, e nella qual'opera s'impiegherebbero migliaja di persone che gemono nella mendicità. La vegetazione nei lidi è più precoce di quella nei monti, e quindi alcune piante (oltre quelle che a cibo dell'uomo si coltivano dagli abitanti dei litorali con grande profitto) che allignano nelle sabbie possono dare un sollecito risultato come lo provani i pini, le quercie, le tuje, i pioppi, le viti, gli olmi, i mori, le altee, le acacie ec.".
Successivamente nel Capo II intitolato "Del vivajo delle viti" sono elencati tutti i pasaggi necessari alla messa in opera della piantagione e la stagione migliore per iniziare il lavoro:
"L'estensione del vivajo dev'essere proporzionata alla piantagione che se ne vuol fare, calcolando di formare i filari delle viti ventiquattro piedi (met. 8.60) discosti l'uno dall'altro, e di metter le viti nei filari stessi a quattro piedi di distanza; e calcolando inoltre, che dei magliuoli del vivajo un dieci per cento non vivranno. La stagione di piantare il vivajo è quwlla stessa in cui si potano le viti, cioè del cader delle foglie. [...] Piantatao che sia il vivajo, la sola avvertenza che si deve avere nella proimavera e nell'estate susseguente si è di tenerlo sempre mondo dall'erbe o colla zappa o colle mani".
La sola messa in opera di una piantagione è un lavoro lungo e complesso che, come ben si conosce, necessita di un lungo periodoper avere i primi frutti. Domenico Rizzo, per i terreni arenosi e sabbiosi, indica in almeno quattro anni il tempo necessario qualora la potatura e la formazione delle spalliere fosse stata ben fatta. Nel testo infatti al Capo V ricorda i metodi da non usareper non fare errori:
"Nel caso nostro sono da escludere alcuni; siccome quelli di farle vagare sugli alberi d'alto fusto o da cima, sena potare nè gli uni nè le latre; di piantarle a pien campo a piccole distanze, e di affidarl ad un solo paletto o frasca; di accoppiarle agli alberi forti, alzati più o mneo alti da terra, sui branchi dei quali fissando i loro tralci, e questi unendo a guisa di festoni, o lasciandoveli penzolone".
Infine tra le numerose raccomandazioni e i dettami da seguire lo studio si conclude con un consiglio, sempre valido anche oggi, e che travalica i secoli nella sua semplice verità:
"Usate dalcoltivatore diligente le avvertenze fin qui suggerite, tanto verso il terreno quanto verso le viti, tardissima giungerà la decrepitezza di queste, e copiosissima e costante sarà la raccolta dell'uva".

POSIZIONE DELL'ACCADEMIA NAZIONALE DI AGRICOLTURA SULLA BIODINAMICA
Il messaggio del Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente dell'Accademia Nazionale di Agricoltura, in merito alla votazione in Senato del Ddl 988 “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico”.
Onorevoli Deputati,
l'Accademia Nazionale di Agricoltura (ANA) promuove, fin dalla sua fondazione nel 1807, le conoscenze scientifiche e culturali relative all'Agricoltura e ai molteplici ambiti ad essa connessi, ne divulga i contenuti con lo scopo di incentivare la tutela del patrimonio rurale, la tutela dell'ambiente, il progresso della filiera agro-alimentare come fondamentali contributi al miglioramento della qualità della vita della Collettività. Essa opera su diversi piani di azione, dando impulso alla cultura agraria e rurale, all'istruzione e alla formazione in campo agricolo con il fine di rafforzare l'Agricoltura generalizzandone la scienza e le pratiche ai vari livelli e nei differenti ambiti geografici e socio-culturali. Più in particolare, l'azione dell'ANA è da sempre guidata dal metodo scientifico, spesso multidisciplinare, rigorosamente basato sull'analisi dei dati sperimentali di laboratorio e confortato dall'osservazione prolungata in campo.
L'ANA ha da tempo assunto una posizione responsabile e ferma sulla divulgazione, sempre più frequente, di pratiche di coltivazione agricole “non scientifiche” anche da parte di alcuni docenti universitari che per etica dovrebbero promuovere la conoscenza su dati certi e validati.
Il Corpo Accademico dell'ANA, con grave turbamento, segue con viva preoccupazione l'iter di approvazione del ddl 998 con il quale, in maniera sconsiderata, si tenta di equiparare la produzione biologica alla pratica biodinamica mistificando la realtà con la strumentalizzazione del termine “bio”. L'ANA si è già in precedenza chiaramente espressa sull'agricoltura biodinamica definendola scientificamente inaccettabile, in quanto completamente avulsa dai principi di verifica sperimentale e di ripetibilità del dato come rigorosamente richiesto dalla Scienza. In più l'agricoltura biodinamica è un danno all'etico svolgimento dell'agricoltura tradizionale e dell'agricoltura biologica, costituendo una possibile frode per il consumatore, una fonte di danno economico per il comparto produttivo e un rischio per la salute dei consumatori.
L'agricoltura biodinamica è anche completamente avulsa dai metodi di corretta produzione agricola in quanto il suo fondamento ècostituito da pratiche esoteriche basate su una visione spirituale antroposofica del mondo,come furono elaborate dal teosofo Rudolf Steiner, poi amplificatein epoca nazionalsocialista, e pensate per ritenere che forze cosmiche, o altre imprecisate misteriose forze, possano avere azioni positive e favorevoli sulla fertilità agricola.
La posizione dell'ANA è ampiamente descritta e motivata nello scritto del Prof. Antonio Saltini “I pianeti del Sole al gran ballo di Satana: note sull'agricoltura biodinamica”, pubblicato sulla Rivista di Divulgazione di Cultura Agraria dell'ANA, pagg. 89-133, Bologna, marzo 2020,scritto che viene messo a disposizione dei Signori Rappresentanti eletti del Senato e della Camera della Repubblica Italiana affinché, con più consapevolezza, possano trarre le loro decisioni senza farsi trascinare in una acritica decisione come avvenuto al primo passaggio del ddl 998.
L'ANA esprime piena solidarietà e pieno sostegno alla Prof. Elena Cattaneo che, con l'autorevolezza del Suo ruolo di Senatore a vita della Repubblica Italiana, sta conducendo una fondamentale battaglia di onestà intellettuale verso le nefaste forze antiscientifiche e desidera ringraziarLa con la piena partecipazione alla sua posizione.

VISITA DEL SOTTOSEGRETARIO AL MINISTERO DELL'AGRICOLTURA
Nel pomeriggio di lunedì 24 maggio il Sen.Francesco Battistoni, Sottosegretario di Stato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ha visitato l'Accademia Nazionale di Agricoltura durante il suo viaggio istituzionale a Bologna che lo ha visto ospite presso numerosi Enti, Istituzioni e Strutture della filiera agroalimentare localetra le quali il CAAB Centro Agroalimentare di Bologna.Il PresidenteProf. Giorgio Cantelli Forti insieme alil Vicepresidente Prof. Gilmo Vianello e alTesoriere Dott. Ercole Borasio hanno così potuto presentare al Sottosegretario e alla sua delegazionenon solo la sede storica e il suo ricco patrimonio librario racchiuso all'interno di biblioteca, archivio e fondo storico, ma anche avereun confronto sui progetti che l'Accademia Nazionale di Agricoltura ha messo in campo per la tutela dell'ambiente, la valorizzazione delle eccellenze agroalimentari nazionali e la buona conoscena nei campi della salute e dell'alimentazione.
L'Accademia Nazionale di Agricoltura ringrazia sentitamente il Sottogretario per la visita e il vivo interesse mostrato per la storia del sodalizio e le attività messe in campo in questi anni.

LEZIONI DI COLTIVAZIONE DEL COTONE
La coltivazione del cotone ha origini antiche e una lunga storia di studi e perfezionamento delle conoscenze in merito alle zone e ai terreni migliori per la sua crescita. Ancora oggi, in particolare negli Stati Uniti che vantano una secolare produzione del cotone, la sua coltura è molto diffusa e, secondo i dati forniti dalla Cotton Council International nel 2018 ne sono stati prodotti ben 20 milioni di balle su 12,6 acri di terreno negli U.S.A. Tutto dipende dalle condizioni climatiche, dalla tipologia di suolo, dall'umidità e dal consumo di acqua fattori che ben conoceva anche il conte Filippo Re che nel testo"Istruzione sul modo di coltivare il cotone"oupscolo numero 9/9 del nostro Fondo Antico (per leggere il testo intero cliccare qui) descriveva minuziosamente tutte le fasi proponendo l'avvio della sua produzione anche per determinate aree italiane. Il testo inizia con la scelta del cotone migliore per i terreni nazionali:
"Il cotone che da alcuni nostri scrittori chiamasi bambagia turchesa, conosciuto generalmente col nome di cotone di SIma in Francia, è quello di cui si deve promuovere la coltivaione nel Regno. Ve ne sono due sorte. L'una ha la lana bianchissima ed i semi di color verde, e l'altra ha la lana di colore rossiccio. Il bianco cresce meno del rosso. Questo fa le noci più gorsse, e somministra migliore e magiore quantità di bambagia, che ha più nervo della bianca, la quale poi è più morbida".
Siamo nel 1810e la coltivazione del cotone in Italia non era presenete. Come riconoscere allora i terreni migliori? Filippo Re scrive:
"L'aspetto del mezzogiorno perfettamente riparato dal settentrione e dai freddi è il più favorevole perl cotone. La vicinanza al mare è altresì propizia al suo accrescimento. Prospera ne' luoghi ariosi, ma non riesce nei troppo elevati, od umidi o freddi. Prospera in que' terreni che producono buona canapa e molta erba medica [...] Sia inoltre il terreno assai profondo, perchè il cotone spinge molto in giù la sua radice."
Riconosciutoil terreno serviva, dunque, conoscere quali zone d'Italia erano le più propizie e il testo ne trovaalcune fornendo inoltre il periodo migliore pera seconda dei climi delle diverse regioni. Lo stesso fa anche descrivendo il modopiù adattodi seminare:
"L'epoca della seminagione non può precisamente determinarsi. Pei dipartimenti del Metauro, del Musone e del Tronto, e pi' luoghi posti alla marina, dove la primavera anticipa più che che nei dipartimenti al nord e centro del Regno, si può stabilire il tempo medio fra il primo e il 20 di aprile. Per gli altri luoghi si suole assegnare il tempo medio fra il 10 di aprile e il 10 di maggio. [...] Si può seminare come si fa il frumento spargendolo colle mani e coprendolo colla zappa, o a pizzico, cioè prendendo cinque o sei sementi fra le dita, e mettendole in un buco profondo circa due dita buone, o sia a circa sei centimetri da terra. Ma fra questi due metodi preferisco quello di porlo a file".
Il cotone, una volta maturato, forma la bambagia che va staccatadelicatamente dalla pianta e messapoi a seccare al sole pertogliere l'umido che conserva. All'epoca i macchinari per la sperazione dei semi e la raccolta del prodotto iniziavano a vedere le prime forme di meccanizzazione industriale e Filippo Re, oltre a consigliare l'utilizzo delle mani per le piccole coltivazioni, segnala l'utilizzo di:
"A tal uopo adoprasi una macchinetta fomrata in modo che due cilindri di legno posti l'uno sull'altro, aventi ad estremità dei solchi spirali, e messi in moto da un'estremità dei solchi spirali, e messi in moto da un manubrio, permettano che fra loro passi il cotone. Di essa fanno uso in terra di Bari, e la dicono manganello. [...] Essendo la macchina di cui ho parlato sopra, alquanto imperfetta, si è immaginato di sostituirvene una più facile da adoperarsi. Essa viene chiamata mulino a cilindri. Ho voluto presentarne qui il disegno tratto dal "Nouveau cours complet d'agriculture", Paris, 1809".

DA GIULIO CESARE E IL BURRO, AI CONSUMI DI LATTE IN ITALIA FINO ALLA COSMESI COL LATTE D'ASINA
Si è svolto in modalità online al link , mercoledì 12 maggio, il secondo incontro del ciclo 2021 de “I Mercoledì dell'Archiginnasio. L'Odissea del cibo dal campo alla tavola” dedicato a latte, latticini e formaggi. I relatori dell'incontro sono stati la Prof.ssa Rosanna Scipioni, già Ordinario di Zootecnia speciale Università di Modena e Reggio-Emilia, il Prof. Marcello Mele, Ordinario di Zootecnia speciale Università di Pisa, il Prof. Giovanni Ballarini, Presidente Onorario A.I.C. e Chiara Caggiula, Imprenditore agricolo. Il ciclo di conferenze “I Mercoledì dell'Archiginnasio. L'Odissea del cibo dal campo alla tavola”, che si tengono una volta al mese da aprile a novembre al linkhttps://meet.jit.si/MERCOLEDIARCHIGINNASIO, vede Accademia Nazionale di Agricoltura, Delegazioni bolognesi dell'Accademia Italiana della Cucina e Società Medica Chirurgica di Bologna insieme per divulgare la buona comunicazione in campo alimentare favorendo la conoscenza al pubblico delle fasi di produzione, qualità salutistiche e storia in cucina delle eccellenze agroalimentari italiane. Di seguito quanto emerso durante l'incontro.
Su 310 DOP e IGP italiane ben 57 sono prodotti lattiero caseari “Il comparto lattiero-caseario rappresenta una delle principali realtà dell'agroalimentare italiano - esordisce la Prof.ssa Rosanna Scipioni - che incide sul valore totale della produzione agricola, sul fatturato dell'industria alimentare e sull'export alimentare. Per legge quando si parla di latte, senza aggettivi, si intende quello vaccino, ma latte e relativi prodotti trasformati italiani provengono da più specie animali: bovine, pecore, bufale, capre. Da ricordare che i latticini sono prodotti generalmente freschi (yogurt, burro, panna, crescenza, stracchino, ricotta, fiocchi di latte, latti fermentati) non derivati dalla coagulazione delle caseine come i formaggi, e che sono questi ultimi a comporre lo straordinario numero di ben 57 prodotti DOP e IGP del comparto lattiero caseario (su un totale di 310)”.
Cala il consumo di latte fresco e aumenta quello del latte a lunga conservazione “La produzione italiana di latte ovicaprino è in crescita (nel 2005 era 5% rispetto al vaccino e al bufalino). Il consumo di latte fresco presenta una tendenza alla riduzione da una quindicina d'anni - continua la Prof.ssa Rosanna Scipioni - a questa parte, attestandosi sui 52 kg/persona nel 2018, contro un consumo mondiale unitario di 117 kg, ma è di particolare interesse osservare come la pandemia da Covid-19 abbia influito sulla dinamica degli acquisti domestici (ISMEA, Panel famiglie Nielsen): dal 2019 al 2020 il consumo di latte fresco è calato bruscamente del 5,9%, mentre è cresciuto dell'8,6% il consumo del latte a lunga conservazione, oltre a tutti i derivati e trasformati”.
I valori nutraceutici per la salute “Il latte, i latticini e i formaggi sono elementi importanti della nostra dieta e apportano nutrienti fondamentali per il nostro benessere psico-fisico. Al di là dell'importante ruolo che svolgono come fonti di calcio ad elevata assimilabilità – ha proseguito il Prof. Marcello Mele - la loro importanza nella dieta è legata anche al contributo di specifici nutrienti strategici contenuti nella componente proteica e lipidica di questi alimenti. Le proteine del latte, infatti, oltre ad essere fonte di aminoacidi essenziali, generano, attraverso i processi digestivi e/o di maturazione del latte, peptidi con azione bioattiva, per i quali sono state dimostrate numerose azioni benefiche sula salute dell'uomo.I lipidi del latte sono spesso ricordati solo per il contenuto di acidi grassi saturi, ritenuti avere un'azione negativa sulle patologie cardiovascolari, dimenticando che all'interno del grasso del latte ci sono molti altri acidi grassi, anche insaturi, di cui è stata accertata un'azione positiva sulla salute umana. Sulla base delle evidenze scientifiche che si sono accumulate negli ultimi 15 anni, sembrerebbe che il bilancio complessivo dell'effetto relativo alle diverse molecole lipidiche contenute nel latte e nei formaggi sia del tutto positivo, riabilitando il grasso del latte, rispetto alla valutazione negativa che lo ha accompagnato per molti anni”.
Giulio Cesare, Boccaccio, Tayllerand e i prodotti caseari “Il latte e i latticini nascono e si sviluppano come alimenti a breve, media e lunga conservazione di culture pastorali e in cucine popolari con connotazioni di tipo barbarico, ma fin dall'antichità soprattutto i formaggi assumono prerogative gastronomiche conquistando ruoli e significati identitari nelle diverse culture e società. In quest'ultima prospettiva - sostiene il Prof. Giovanni Ballarini - di particolare importanza sono i matrimoni che nelle differenti epoche i prodotti caseari contraggono con il vino, le carni, i pesci, le verdure, le paste e i dolci. I testimoni autorevoli del valore in cucina e in tavola dei prodotti caseari sono stati tanti: leggenda narra che Giulio Cesare pronunciò la famosa frase “De gustibus non disputandum est” mangiando un piatto di asparagi al burro durante una cena offertagli da Valerio Leone, Boccaccio nel “Decamerone” descrive il paese di Bengodi come un luogo formato da una montagna di Parmigiano-Reggiano e il Ministro francese Tayllerand, durante un convito tra ambasciatori, organizzò una gara per presentare un formaggio di loro scelta proveniente dal paese natale. Si sa che la Francia portò il Brie, l'Inghilterra lo Stilton e il Regno di Sardegna uno stracchino di alta qualità ben stagionato; il Gorgonzola”.
La cosmesi col latte d'asina “Il latte d'asina in campo estetico è conosciuto fin dall'antichità perché ricco di minerali e proteine che donano un effetto morbido alla pelle, acidi grassi polinsaturi come Omega 3 e Omega 6 che hanno azione nutriente, Vitamina C, Retinolo che accelera la produzione di collagene mantenendo la pelle elastica e Lisozima che lenisce le malattie cutanee. Nella nostra azienda - conclude Chiara Caggiula - abbiamo scelto una particolare razza di asine, le ragusane, che hanno dimensioni piuttosto grandi e sono quelle che producono la maggior quantità di latte, circa 300/750 ml di media, con picchi che arrivano fino a 1500 ml. Nel nostro caso abbiamo sempre messo al primo posto il benessere animale dando la priorità allo svezzamento del puledro e limitandoci all'utilizzo esclusivo del latte in eccesso per la cosmesi. Per questo motivo la nostra produzione di cosmetici ogni tanto subisce qualche battuta di arresto, i prodotti vengono realizzati solo quando abbiamo disponibilità di latte, ma siamo fieri di aver inserito le nostre asine in un consorzio territoriale laziale, dove abbiamo l'azienda, che lavora al fine di proteggere e promuovere la razza ragusana che rientra tra le razze a rischio di estinzione.”
Al canale YouTube dell'Accademia Nazionale di Agricoltura è disponibileil video dell'incontro. Link per la visualizzazione:https://www.youtube.com/watch?v=wm43y51EVSU

PAROLA AL PRESIDENTE SU QUANTO ESPRESSO DAL WWF PER LA "GIORNATA DELLA TERRA"
Lo scorso 22 aprileil WWF ha pubblicato il manifesto"Food4Future" proponendo di cambiare i metodi di produzione e le abitudini di consumo del cibo, avviare regolamentazioni coerenti e trasformare il mercato alimentare per alimentare e nutrire la crescente popolazione mondiale nelfuturo. Il documento riconosce negli attualisistemi di produzione e consumo alimentare la causa dell'80% di estinzione di specie e habitat a livello globale.Il Prof.Giorgio Cantelli Forti, Presidente dell'Accademia Nazionale di Agricoltura, ha voluto rispondere a queste affermazioni rilasciando alla European Food Agency una intervista per stigmatizzare e contestare i dati pubblicati dal WWF dicendosi"Turbato nel prendere atto che un organismo internazionale di tale portata ha prodotto un documento molto limitato perché unilaterale, scientificamente scorretto perché intriso di toni scandalistici e pericoloso perché di facile strumentalizzazione e ingenerante provocazione in tutto il mondo". Di seguito riportiamo l'intera intervista scaricabile anche in formato pdf.
In occasione della Giornata della terra il WWF ha messo nel mirino il sistema mondiale di produzione e consumo di cibo, che "da solo causa l'80% di estinzione di specie e habitat a livello globale". Eppure a livello globale, secondo l'Onu, tali impatti rappresentano il 24% del totale. Inoltre in Europa gli impatti del sistema alimentare sono molto più contenuti, al 10,3%, secondo quanto riportato nel documento ufficiale della Commissione sul progetto Farm to Fork, e in Italia siamo addirittura al 7,6% (vd ultimo report Ispra). EFA News ha chiesto un parere sulla questione al Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente dell'Accademia Nazionale di Agricoltura, antica e prestigiosa istituzione che riunisce il meglio della scienza italiana nel campo agroalimentare.
Prof. Cantelli Forti, Come si spiega tanto accanimento per un settore che, peraltro, deve garantire il soddisfacimento di un bisogno primario per l'esistenza umana?
Nella comunicazione attuale la moda dominante è sempre più sbilanciata verso rigide asserzioni unilaterali. Forse si attrae l'attenzione delle persone, ma di certo vengono ingenerate pericolose derive di opinione che creano danni e favoriscono le speculazioni. L'equilibrio tra la natura e la vita dell'uomo, sempre più legata a un progresso in divenire, deve essere costantemente monitorato e solo un indipendente approccio scientifico, costante e olistico, può fornire dati reali da cui trarre le metodologie d'intervento. Affermazioni (o editti!) basate su delle % che in assoluto poco fanno capire, non propongono soluzioni e terrorizzano i meno colti. La natura si sa non è benigna e l'uomo ha sempre dovuto “creare” per difendersi. Le posizioni ambientaliste o naturaliste, oltre a spaventare, nulla forniscono a risolvere le problematiche se non ad alimentare rigide ideologie negazioniste. E poi?Est modus in rebusdicevano gli antichi! In ogni azione umana c'è sempre un rapporto rischio-beneficio da valutare per trarre una conseguente corretta decisione con l'accettazione del rischio. Se si dovranno produrre più alimenti su ampia scala per sfamare l'aumento della popolazione a livello mondiale è ovvio che si causeranno ripercussioni sull'equilibrio tra la destinazione dei suoli, la disponibilità dell'acqua e il consumo di energia, tuttavia se non si volesse più seguire tale strada e scegliere metodi alternativi (usciamo dal vago: quali?), chi può garantire che si produrrà meno inquinamento? L'Umanità dovrà comunque trovare un'alternativa per sopravvivere, ma cosa potrà succedere se non sarà possibile? Quando ho letto il documento WWF, come ricercatore di disciplina scientifica, mi sono turbato nel prendere atto che un organismo internazionale di tale portata ha prodotto un documento molto limitato perché unilaterale, scientificamente scorretto perché intriso di toni scandalistici e pericoloso perché di facile strumentalizzazione e ingenerante provocazione in tutto il mondo. Il WWF non pianifica soluzioni atte a soddisfare la richiesta di cibo da parte dell'Umanità e soprattutto non descrive possibili alternative alle produzioni agricole che, al momento se messe in crisi aprirebbero uno scenario drammatico. Siamo sicuri che solo le produzioni agricole e le attività industriali siano fonte di inquinamento? Chi crea un reale problema all'ambiente? Solo l'uomo o anche la natura inquina? Si parla di ambiente così come proposto dal WWF, allora faccio un esempio prendendo in esame la vulcanologia. L'eruzione di un vulcano disperde nell'ambiente enormi concentrazioni di sostanze chimiche e radioattive. Come tossicologo ricordo che in USA il 27 marzo 1980 iniziò l'eruzione vulcanica del Monte Saint Helens nello Stato di Washington e in prossimità dello Stato dell'Oregon, provocando un inquinamento ambientale che fu stimato paragonabile alla sommatoria dell'inquinamento che la città di Los Angeles produce in mille e duecento anni.Fu un processo naturale che però ha sconvolto in maniera acuta l'ambiente ben più gravemente e a lungo di quanto potrà mai fare qualsiasi sistema di produzione alimentare. Tutto quello che scrive il WWF, dunque, può essere discusso se viene posto in antitesi con situazioni reali, altrimenti, ripeto, diventa una astratta utopia di pura posizione politica nociva, fuorviante e costosa. Più ottimisticamente dobbiamo considerare che il progresso delle Scienze esatte ha creato un'ampia articolazione di discipline agrarie, chimiche, fisiche, ambientali, biologiche, mediche che, se interconnesse in un approccio multidisciplinare, hanno la potenzialità di produrre risultati scientifici su cui riflettere e trarre decisioni anche operative.
Il WWF dice che "Il Pianeta non può reggere l'attuale sistema di produzione e consumo di cibo". Sembra un ritorno alla visione neomalthusiana del Club di Roma, le cui previsioni catastrofiste degli anni ‘70 sono state ampiamente smentite.
Si tratta di una versione molto astratta e speculativa del problema, alla quale potrei rispondere in modo altrettanto paradossale, ovvero che il Pianeta non potrà reggere la sottrazione di ossigeno dall'aria provocata dalla nostra respirazione perché saremo in troppi. Non scherziamo! La biodiversità è parte della cultura e dell'azione del mondo agricolo e, proprio sul controllo dell'emissione di CO2 e la sua fissazione, in agricoltura sono oggi in atto numerose ricerche e studi per concorrere tramite le culture e le piantagioni al suo equilibrio. Posso ricordare come esempio il progetto europeo “Tree Talker o albero parlante” che è partecipato e sostenuto dall'Accademia Nazionale di Agricoltura. In pratica nel “Castagneto scientifico-didattico di Granaglione”, realizzato in maniera illuminataall'inizio di questo secolo dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna sull'Appennino bolognese, un gruppo scientifico a valenza internazionale svolge avanzate ricerche ambientali. Applicato sul tronco di ciascun albero, un piccolo e sofisticato apparecchio opera tramite specifici sensori misurando la crescita diametrica dell'albero, stimando quanta acqua la pianta traspira, quanta ne preleva dal suolo, indicando la quantità di CO2 assorbita, valutando il colore delle foglie e facendo comprendere se sono in atto particolari patologie. Inoltre, misura la posizione della pianta e constata se è soggetta a inclinarsi in modo eccessivo per poi rischiare di cadere. I dati vengono trasmessi via satellite in tempo reale e permettono di intervenire tempestivamente nel luogo indicato. Quanto rilevato permette inoltre di misurare la gestione e la fissazione della CO2.In particolare, lo studio sta dando ottimi frutti e dimostra che se il castagneto, come qualsiasi altro elemento naturale, viene preservato come impianto agricolo e non come bosco selvaggio, oltre alla produzione di farina e birra di castagne, ha la capacità di assorbire e fissare CO2 in maniera incredibile portando innumerevoli benefici all'ambiente. Infatti la corretta gestione del castagneto sopra citato ha evidenziato in vent'anni di monitoraggio un incremento dello stock di carbonio nel suolo e il progressivo miglioramento della respirazione microbica ha ridotto di molto l'emissione di CO2. D'altra parte, altri risultati dimostrano che un campo di mais o un frutteto organizzato possono essere molte volte più depuranti per l'ambiente di una equivalente superficie di foresta e quindi sarà opportuno cominciare a ragionare in maniera diversa. Il problema di fondo sta quindi nella gestione corretta delle risorse primarie. Mi chiedo allora se le trasformazioni proposte dal WWF sono al passo con lo sviluppo di una società moderna? Con la ricerca scientifica si devono valutare i rapporti rischio-beneficio per le opportune scelte a favore della Collettività e concludo affermando che il WWF dovrebbe produrre anche informazioni certe e non solo proclami.
Agricoltura e biodiversità: si accusa il sistema agricolo di aver distrutto l'80% delle biodiversità del pianeta. Dovremmo tornare a un mondo pre-agricolo?
La parola “biodiversità” viene spesso usata in maniera astratta e come icona utile ad inculcare concetti allarmistici senza approfondimenti culturali. Ritengo che il termine “biodiversità” e il termine “naturale” siano divenuti a livello mass-mediatico strumenti di fantasia per definire il contenuto di un indefinito ambiente statico e intoccabile ovvero il caos che si vie produce in una inviolata foresta tropicale. Se invece con “biodiversità” intendiamo riferirci a 1. La differenziazione biologica tra gli individui di una stessa specie, in relazione alle condizioni ambientali, e 2. La coesistenza in uno stesso ecosistema di diverse specie animali e vegetali che crea un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni, allora dobbiamo ammettere che è l'Agricoltura a preservare la biodiversità tramite il lavoro e l'intelligenza dell'uomo che, organizzando l'ambiente, mantiene e utilizza le varietà vegetali e gli animali legati al luogo. Ovviamente è importante valutare il metodo di lavoro e le regole che si seguono. Un campo agricolo ben concimato per garantire un ciclo organico con il giusto quantitativo di azoto da fornire al terreno o un pascolo erbato, mantenuto e nutrito a dovere, sono utili all'agricoltura e certamente anche all'ambiente. Talvolta si parla di coltivazione di campi agricoli e di produzione alimentare mediante tecniche naturali. Non mi sembra che ad oggi siano stati ottenuti risultati degni di nota, tuttavia, come ogni attività umana va studiata e valutata negli anni con procedure rigorose e chiare perché ogni metodo deve essere accettato nell'ambito di uno sforzo globale teso a migliorare e ottimizzare l'Agricoltura sia come settore produttivo sia per il ruolo che essa riveste nella tutela dell'ambiente.
Si parla di agroecologia come di una nuova disciplina scientifica necessaria per l'agricoltura sostenibile: quale è la sua opinione?
Il metodo scientifico fornisce sempre nuove conoscenze che sono le “verità” al momento e mai verità assolute. I risultati ottenuti dalle conoscenze in divenire e in trasformazione richiedono massima serietà nel trarre conclusioni ponderate e il mondo scientifico evita proclami su singoli risultati per non creare gravi problemi speculativi ed etici. Da sempre l'avanzamento delle conoscenze apre strade importanti e fruttifere che si consolidano talvolta in nuove discipline scientifiche se si differenziano e si caratterizzano tramite rigorose conquiste. L'agroecologia è certamente una nuova disciplina di grande interesse che è al momento teorico, in quanto, per avere autonomia ed esistere come settore scientifico, dovrà con un proprio metodo di ricerca dare prova di possedere autonomia e solidità sperimentale che assicuri contributi per l'uomo e l'ambiente. In altri termini l'agroecologia potrà divenire una nuova disciplina garantendo certezze scientifiche originali e non solo teorizzazioni. E' necessaria? Sulla carta ritengo di sì, e spetta ora agli scienziati della materia a caratterizzarla in un profilo individuale e ben differenziato principalmente tramite un percorso di ricerca originale e inoppugnabile. La Chirurgia ad esempio si è evoluta e caratterizzata in secoli di lavoro manuale e il suo progresso verso la massima precisione vede oggi gli interventi più delicati che vengono eseguiti con l'assistenza di appositi robot. La lotta biologica rivolta alla tutela delle produzioni vegetali è ancora agli albori e necessita di ampi studi per valutare i rischi derivanti da organismi che vengono immessi in ambienti nuovi. Ricordo il caso del Bacillus turingensis che fu impiegato in nuovi impianti di melo per difendere le radici aggredite dalla Melolontha Melolontha che, come effetto collaterale, favoriva lo sviluppo nell'ambiente dell'Aspergillus flavusproduttore del potente cancerogeno Aflatossina B1. In altri termini si sono creati effetti ancora più tossici e dannosi per l'ambiente e la nostra salute. Ogni alternava, prima dell'enfasi e dell'uso, va verificata che sia una reale evoluzione migliorativa.
Il WWF vuole "ridurre drasticamente il consumo di proteine animali". Ma convertire milioni di ettari di pascoli in terreni coltivabili per la soia e altre produzioni vegetali non rischierebbe di distruggere ulteriormente le biodiversità?
Riduciamo il consumo di carne per sostituirla con proteine vegetali? Lo ritengo un grave errore per le future generazioni. Da un punto di vista nutrizionale la carne rossa contiene la quantità necessaria di tutti gli aminoacidi essenziali per l'uomo, mentre alcuni lo sono parzialmente nel pesce e ancora meno nei vegetali, ed è inoltre la principale fonte alimentare di ferro altamente biodisponibile e di vitamina B12. Per lo sviluppo organico e la salute è fondamentale avere un'alimentazione sana ed equilibrata che garantisca il giusto quantitativo di proteine animali e organiche. Si possono anche ridurre i consumi di proteine animali a favore di quelle vegetali, tuttavia che dire del glutine che è la principale fonte proteica vegetale della nostra alimentazione? In maniera scandalosa il glutine è da tempo demonizzato da una campagna speculativa che lo fa credere un tossico anche per chi non è allergico e/o intollerante (oltre il 90% della popolazione). Allora perché coltiviamo la soia e favoriamo il suo consumo come fonte di proteine vegetali? Si potrebbe creare facile scandalo sui rischi da fitoestrogeni che le popolazioni orientali hanno per il quasi esclusivo uso della soia come fonte proteica e l'incidenza di polipi intestinali (adenomatosi). In sintesi intendo affermare che cavalcare idee ambientaliste è molto facile, e se si è convincenti e supportati dai sistemi mass mediatici è facile creare situazioni drammatiche per l'economia, l'ambiente e la salute delle persone. Nella sua genesi l'uomo è nato cacciatore e poi è diventato agricoltore, ma non per questo deve stravolgere la sua alimentazione seguendo solo mode e incontrollati proclami.
I dati dell'ultimo rapporto Ispra dimostrano che in Italia le emissioni globali nel settore agricolo diminuiscono da anni. Quali passi si possono fare per rendere il sistema ancora più virtuoso?
Teniamoci cara la nostra Agricoltura tutelando le aree a questa vocate. Il futuro ambientale del nostro Paese risiede anche nelle straordinarie eccellenze alimentari che vanno difese dalle contraffazioni: dobbiamo incentivare questa indispensabile fonte economica dell'Italia che favorisce la biodiversità delle nostre produzioni agricole. L'Agricoltura ha uno strumenti indispensabili per mantenere l'equilibrio ambientale da gas e inquinanti generati dalle città e dalle attività industriali come ho sopra illustrato con un esempio di grande attualità che è rappresentato dal progetto favorito dall'Accademia Nazionale dell'Agricoltura e dalla Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, progetto che utilizza i Tree talkercome mezzo scientifico di rilevamento dati. Ed inoltre dare più peso al concetto di vocazionalità dei suoli in modo da adeguare le esigenze colturali ai terreni più idonei, riducendo l'uso dei concimi chimici, ed al tempo stesso aumentare lo stoccaggio del carbonio come del resto indicato dalla nuova PAC.

LA FARINA DI COCCO NELL'ALIMENTAZIONE ANIMALE
La farina di cocco è la polvere grossolana ricavata dalla macinatura della polpa essiccata della noce di cocco. E' un alimento ricco di lipidi, potassio, ferro, povero di acqua e dall'apporto energetico molto elevato che lo rende un alimentoutile e sano, se consumato in maniera corretta, per l'alimentazione siaumana che animale. In Italia la suaproduzione e l'utilizzo su larga scala per i bestiamieranogià conosciuti dall'Ottocento e nel testo "Farina e Panelli di cocco delle fabbriche Scerno Gismondi & C"opuscolo numero 8 (per leggere il testo intero cliccare qui) ne venivano descritte le qualità e i metodi di somministrazioneper il nutrimento animale. Nelle pagine iniziali si scrive:
"La crusca du Coccocome alimentazione del bestiame non va mai usata asciutta, ma sempre con acqua di cui assorbe 5 volte il proprio peso. K.1 di Farina assorbe K.5di acqua. Si è dunque sotto forma di pastone che bisogna distribuirla agli animali.La Farina di cocco unita al foraggio è uno fra i migliori alimenti per tutti gli animali [...] ne migliora lo stato sanitario, ne aumenta la forza e il vigore, produce più carne e di miglior qualità, più latte ricco di crema e burro, un concime ricco di azoto. Costa meno di qualsiasi altro alimento a parità di effetto utile. Il suo alto valore nutritivo, come risulta dalle unite analisi chimiche, unito al potere igienico e al tenue prezzo, la rende superiore a qualsiasi altro alimento".
Nelle aziende agricole e nelle stalle è necessario, per il benessere animale e uncorretto dosaggio della farina di cocco da assumere per le greggi, dosare l'utilizzo iniziale di questo prodotto e quanto scritto nell'opuscolo risulta molto chiaro per coloro ai quali è rivolto il testo:
“E' necessario dare tale alimento dopo l'abbeverata affinchè gli animali non tralascino di bere. [...] Dietro esperienze fatte onde abituare gli animali equini e bovini a questo genere d'alimento, converrà per i primi giorni sfiorare la Farina di Cocco con un po' di crusca comune e sale, quando poi l'animale si mostrasse ancora renitente si dovrà mettere detto pastone in fondo alla stessa secchia coll'acqua che si dà loro a bere senza mescolarla".
Ma quali sono i benefici per ogni singolo animale e i vantaggi per le aziende agricole che vivono della produzione dei loro prodotti?
"Detto alimento aumenta nei cavalli la forza e la resistenza, mantiene ed accresce la lucidezza del pelo essendo assai lenitiva. Per i suini si ottengono carni compatte, abbondanti ed eccellenti al gusto, non troppo grasso e poco fluido. Lo stesso vale per pecore, capre e montoni che danno anche lana più folta e più fina ed un abbondant e econsiderevole aumento di latte. Buoi, manzi e vacche mantengono il loro stato sanitario sempre perfetto e il loro pelo guadagnerà in lucidità e finezza e nelle vacche da latte i risultati sono portentosi e pronti ottenendo un aumento di latte, crema e burro di miglior qualità dell'ordinario".
Lo studio si conclude con una prova scientifica del "Valore alimentare di una farina di noce di cocco", sottoposta a controllo sperimentale dal SIg. Aristide Brunetti, del Gabinetto di Chimica del Regio Istituto Tecnico di Bologna il quale, dopo attento esame si a bruciatura della farina che a ebollizione conclude:
"La Farina di Cocco è assai ricca di principii nutritivi (materie albuminoidi o proteiche, carboidrati solubili e grasso) è indiscutibilmente utilissima quindi come alimento pel bestiame: alimento addizionale però ma non esclusivo, com'è d'ogni sostanza alimentare la quale contenga in troppa esuberanza i detti principi".

LE ATTIVITÀ DELL'ACCADEMIA, LA TUTELA DEL MADE IN ITALY E LA SITUAZIONE PANDEMICA MONDIALE
Il Presidente Giorgio Cantelli Forti ha rilasciato due interviste a Mediaset Tgcom 24 e al quotidiano "Italia Oggi" trattando numerosi temi legati alla tutela del Made in Italy in campo agroalimentare, la salute ei cittadini legata a una buona alimentazione e al diritto di ricevere corrette informazioni sui prodotti di mercato e i riflessi che la situazione pandemica mondiale sta avendo sull'agricoltura e i processi che la determinano. A completamento di questo, ampio spazio è stato dedicato alle attività dell'Accademia Nazionale di Agricoltura in questi campi come, adsempio, gli incontri sull'alimentazione de "I Mercoledì dell'Archiginnasio" e i diversi indirizzi legati alla tutela dell'ambiente e la diffusione di buone prativche alimentari. Di seguito sono riportati due stralci delle interviste che sono disponibili in pdf a questa pagina:
"Con questi incontri - ha detto il Prof. Giorgio Cantelli Forti a Tgcom 24 in merito agli incotri sul food organizzati dall'Accademia -vogliamo incentivare la popolazionea conoscere i benefici del consumo di prodotti alimentari freschi, sicuri e italiani. Questa terza edizione deiMercoledì dell'Archiginnasioinizia con i crostacei e i molluschi ma nei prossimi incontri daremo spazio anche a latte e formaggi, pomodoro, pesca, mela, legumi e castagne. Tre gli aspetti che verranno illustrati dai relatori: proprietàdell'alimento, valore nutrizionale e salutistico, proprietàculinarie.L'insieme di questi elementiserve a farcomprenderecome un alimento, lamateria prima, può non essere uguale aun'altra. Un cibomade in Italy, ad esempio, può sembrare identicoad un altro cibo prodotto con materia prima di un altro Paese o raccolto in un periodo differente,ma non ha lo stesso valore. Clima, terra, tipologia e durata di produzione, momento di raccolta, sono tutti fattori che rendono esclusiva una materia prima".
"L'Accademia Nazionale di Agricoltura ha avviato, per esempio, il progetto Tree talker (l'albero parlante) in un castagneto didattico. Su un tronco d'albero - ha spiegato trattando del Progetto in sinergia con la Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna -viene applicata una «scatoletta» grigia che opera mediante una quantità di sensori diversi e può misurare la crescita diametrica dell'albero, stimare quanta acqua la pianta traspira e quanta ne preleva dal suolo, indicare la quantità di Co2 assorbita, valutare il colore delle foglie e comprendere se sono in atto particolari patologie, oppure ancora misurare la posizione della pianta e constatare se questa sta inclinandosi in modo eccessivo, rischiando di cadere. Il tutto è trasmesso in tempo reale via satellite e può consentire di conoscere cosa sta succedendo in un determinato luogo e intervenire".

CROSTACEI E MOLLUSCHI UNA FONTE DI NUTRIMENTO SALUTARE, MA ATTENZIONE ALLA FRESCHEZZA
Si è svolto in modalità online, mercoledì 14 aprile, il primo incontro del ciclo 2021 de “I Mercoledì dell'Archiginnasio. L'Odissea del cibo dal campo alla tavola” dedicato a crostacei e molluschi. I relatori dell'incontro sono stati il Prof. Corrado Piccinetti del Laboratorio di Biologia Marina e Pesca di Fano, il Dott. Oliviero Mordenti del Corso di Laurea in Acquacoltura di Cesenatico e il Prof. Atos Cavazza delegato di Bologna San Luca A.I.C. (i contributi sono disponibili in fondo alla pagina).Il ciclo di conferenze, che si terranno una volta al mese da aprile a novembre, vede Accademia Nazionale di Agricoltura, Delegazioni bolognesi dell'Accademia Italiana della Cucina e Società Medica Chirurgica di Bologna insieme per divulgare la buona comunicazione in campo agroalimentare e alimentare favorendo la conoscenza al pubblico delle fasi di produzione, qualità salutistiche e storia in cucina delle eccellenze agroalimentari italiane.Durante la conferenza numerosi sono stati i temi trattati tra i quali anche un innovativo esperimento, che sta seguendo il Dott. Oliviero Mordenti del Dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell'Università di Bologna, legato al polipo in acquacoltura.
Consumare solo prodotti freschi ma attenzione alla provenienza “Le modalità di commercializzazione sul mercato sono diverse e si vendono organismi vivi, organismi freschi morti, organismi congelati più o meno trasformati. Una specie molto consumata sono i gamberi – ha esordito il Prof. Piccinetti – ma spesso quelli venduti non vivono nel Mediterraneo e sono pescati e trattati chimicamenteprima di essere congelati, per evitare l'annerimento della testa che indica poca freschezza. Un carattere di freschezza per i crostacei è dato dalla brillantezza dell'occhio e dal colore rosa del carapace, quindi attenzione sempre a questi elementi durante l'acquisto. Infine spesso avviene che le specie con maggiore valore economico siano importate e mantenute vive anche per diversi giorni in vasche con acqua fredda, per cui acquistare animali vivi non è sempre un indice di provenienza locale. Perciò bisogna sempre informarsi sulla provenienza dei prodotti, accertarsi che siano freschi e pescati preferibilmente nei nostri mari con tecniche di pesca regolamentate e habitat naturali conosciuti che ne danno le giuste qualità organolettiche ”.
Le qualità nutrizionali di crostacei e molluschi “I crostacei, le pannocchie, gli scampi, l'astice e l'aragosta hanno caratteristiche migliori quando sono commercializzati vivi. La parte edibile nei crostacei è modesta, nella Granseola ad esempio è meno del 20% del peso, il tenore dei grassi è modesto, ma hanno una presenza sopra la media di colesterolo. I molluschi invece – ha continuato il Prof. Piccinetti - sono ricchi di sali minerali in particolare rame, ferro e zinco, con il congelamento le carni divengono più tenere, ma perdono il sapore. Molto importante per le seppie, ad esempio, è il momento in cui sono pescate, avendo fasi che hanno una consistenza dei tessuti e delle fibre differenti, da piccole quando sono di circa 80 grammi sono molto morbide crescendo si induriscono”.
I numeri dei consumi in Italia di crostacei e molluschi “In Italia come nel mondo la costante domanda di prodotto, non sempre garantita dalla disponibilità in natura che deriva dalla pesca, ha dato una forte spinta al settore dell'acquacoltura. In ambito nazionale – ha detto il Dott. Mordenti - analizzando la ripartizione percentuale per varietà ittica dei consumi domestici, possiamo osservare come i molluschi incidano per il 21% in valore ed il 26% in volume, ed i crostacei con una quota pari al 6% in valore e al 5% in volume. Tra i molluschi il 50% dei consumi in volume è rappresentato dalle cozze, in virtù di prezzi medi inferiori a quelli delle vongole, e dai calamari, più economici delle seppie. In termini di valore le specie più consumate sono i polpi e i calamari. Per i consumi di crostacei si osserva come i gamberi rappresentino da soli circa il 50% dei consumi, sia in termini quantitativi che di valore economico, seguiti dai gamberetti che superano il 20% sia in volume che in valore”.
Un nuovo esperimento: l'allevamento del polpo “Al momento il polpo è considerato una specie innovativa per l'acquacoltura, in quanto presenta alcune caratteristiche biologiche molto interessanti come ciclo di vita breve, elevato tasso di accrescimento ed elevato tasso di fecondità. Vi è attualmente un grande interesse in tutta Europa – ha sostenuto il Dott. Mordenti - per lo sviluppo di nuove tecniche di riproduzione artificiale, svezzamento e ingrasso sia in vasche a circuito chiuso che in strutture galleggianti. Presso il Dipartimento di Scienze Mediche veterinarie dell'Università di Bolognai risultati hanno messo in evidenza come con un adeguato impianto a ricircolo ed un idoneo programma ambientale è possibile ottenere la riproduzione spontanea in cattività del polpo comune. Inoltre è stato osservato come una dieta a base di crostacei non solo ha favorito migliori tassi di crescita ma soprattutto ha migliorato le prestazioni riproduttive in termini di quantità di uova prodotte e di conseguenza di paralarve”.
Molluschi e crostacei in cucina “Trattare di questi due tipi di alimenti in cucina vuol dire aprire una finestra sulla storia della cucina mondiale. Ovunque – ha concluso il Prof. Cavazza - sono presenti ricette e tecniche di preparazione di cottura, riferite anche a specie meno conosciute, come il gambero della Louisiana, il Gambero reale o blu,la Sepa seca, lo Sannakij della cucina giapponese, le “uova” di seppia, il Percebe spagnolo o il Geoduck conosciuta comunemente come “vongola con la proboscide”. In Italia abbiamo ricette regionali con le Sparnocchie,le sfere di nero di seppia ole moeche dette “pepite di Venezia” cucinate in maniera differente utilizzando i prodotti numerosi regionali. Sia l'Artusi che il Guerrini, a cavallo fra Ottocento e Novecento, avevano trattato ampiamente di ricette con questi due prodotti del mare che, anche in Italia, rappresentano una vera e propria eccellenza”.
Al canale YouTube dell'Accademia Nazionale di Agricoltura è disponibileil video dell'incontro. Link per la visualizzazione:https://www.youtube.com/watch?v=MRcxkVsgn2w

UNA ANTICA E SALUBRE BEVANDA: LA GINEPRATA
Nella tornata del17 novembre 1853,presso l'Accademia Reggiana di Agricoltura, fu presentata al pubblicoun nuovo tipo di bevandadescritta come "economica e salubre da potersi usare in mancanza di vino".Infatti gli scarsi raccolti d'uva in quegli anni, nel territorio reggiano e neicircostanti, avevano portato raccolti così magri da far innalzare il prezo del vino atroppo alteper la maggiorparte della popolazione.In particolare per le famiglie contadine e quelle dei lavoratori, che non potevano permettersi costialti, la mancanza di vino e uva sulle tavol rappresentava un problema nutrizionale e di vita al quale tenatre di dare risposta. Per tali motivi "Sulla gineprata bevanda economica e salubre da poter usare in mancanza di vino"di P. Terrachini opuscolo numero 15 (per leggere il testo intero cliccare qui) sopiegavanelle pagine iniziali:
“Bevanda la quale può fare le veci del vino ed ha i pregi di essere economica e di facile preparazione. Questa è una specie di birra denominata Gineprata perché servono a comporla, quali ingredienti, le bacche aromatiche di ginepro. Prendonsi 8 litri di orzo ed 8 di bacche di ginepro ed 80m di acqua. Queste quantità sono valevoli a formare la Gineprata di maggior forza; ma quando si voglia più debole ponno anche bastare 4 litri di orzo ed altrettanti di bacche di ginepro per 80 di acqua”.
La preparazione era semplice e utilizzava alimenti di facile reperibilità per le famiglie contadine che potevano prepararla senza troppi problemi in casa. Inoltre la sua conservazione era agevole e lunga nel tempo in modo da poter essere comsumata per giorni e farne scorta per i mesi successivi:
“Questa gineprata non si conserva buona per oltre un mese, mentre può inacetire, per cui conviene prepararla a piccole dosi proporzionate al consumo, oppure per impedir l'inacidimento può tornare vantaggioso, e nello stesso tempo salutare, l'aggiungnere nel barile qualche manipolo di centaurea minore o di assenzio di luppolo [...] Si dà preferenza all'orzo perché riesce più abbondante di materia zuccherina; ma in mancanza di esso si può ottenere buon effetto, nella maniera stessa, da altri semi farinacei, cioè dal frumento, dalla segala, dal frumentone, dal miglio, dalle castagne e persino dalle ghiande”.
L'autore ammetteva nel suo scritto che la gineprata, sebbene fosse di facile preparazione, era moltosimile alla birra, bevanda all'epoca quasi sconosciuta in Italia e poco consumata, e poteva non incontrare il gusto della gente abituata al consumo di vino. Ma il basso prezzo, la facilità di preparazione e anche le sue qualità salutari, per coloro che lavoravano molto e necessitavano di bevande corroboranti per il corpo e lo spirito, erano le carte vincenti per aumentarne il consumo in quei tempi di magra:
"E' una specie di birra che in Italia era quasi sconsociuta all'epoca perché si beve il vino, ma la scarsità di raccolto di uve di quegli anni, ne consigliava la produzione casalinga per i braccianti e i contadini perché nei tempiaddietro la birra era fra di noi quasi sconosicuta; ma l'alto prezzo nel quale si è mantenuto il vino nell'anno agrario prossimo scorso ha reso, per necessità famigliare anche presso di noi l'uso di quella bevanda egiziana e molta se n'è consumata la scorsa estate nelle nostre città”. La Gineprata è preferibile alla birra perché costa meno, è egualmente salutare e il gusto ricorda più da vicino quello del vino al quale noi italianai siamo piàù abituati".