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13 Giugno 2022

LE NUOVE SFIDE DELL'AGRICOLTURA: LO STOCCAGGIO DEL CARBONIO NEI SUOLI

Si è tenuto lunedì 30 maggio, presso la Sala “20 Maggio 2012” dell’Assessorato Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Emilia-Romagna, il convegno “Le nuove sfide dell’agricoltura: lo stoccaggio del carbonio nei suoli”. Il convegno è stato organizzato in collaborazione tra l’Accademia Nazionale di Agricoltura e l’Assessorato Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Emilia-Romagna. Moderato dal Dott. Valtiero Mazzotti, Direttore Generale Agricoltura, Caccia e Pesca Regione Emilia-Romagna e dal Dott. Carlo Cacciamani, Direttore dell’Agenzia Nazionale per la Meteorologia e la Climatologia “ItaliaMeteo” ha visto la presenza di numerosi studiosi e addetti ai lavori del settore tra cui il Prof. Riccardo Valentini, già nel panel vincitore del “Premio Nobel per la Pace” nel 2007 per gli studi sui cambiamenti climatici, Giuseppe Piacentini, Responsabile del Nucleo di Polizia Forestale del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, il Dott. Giuseppe Corti, della Direzione del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria del MIPAAF. Le conclusioni sono state tenute dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura. Di seguito quanto emerso durante l’incontro.

La giornata è stato un importante momento di riflessione per fare il punto della attuale situazione legata alla salute dei terreni agricoli in Italia, del ruolo sempre più importante che hanno nel contenimento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera e di quanto si sta facendo per mantenere il carbonio organico presente. Il carbonio organico, infatti, è una componente della sostanza organica del suolo costituita essenzialmente da residui vegetali e animali; questi vengono interessati da processi di decomposizione, fermentazione e trasformazione operati dagli organismi viventi presenti nel suolo stesso. Immagazzinato in un determinato volume di suolo oltre a rappresentare un importante indice di qualità, ne esprime anche la capacità di sequestrare COdall’atmosferaI dati di recenti indagini dell’Unione Europea hanno evidenziato come i terreni coltivati presentano concentrazioni di carbonio organico molto basse (17,8 g kg-1) rispetto a praterie e vegetazione naturale (40,3 e 77,5 g kg-1), stimando che circa il 75% di tutte le terre coltivate dell'UE abbiano concentrazioni in carbonio organico inferiore al 2%. In Italia, nella sola pianura emiliano-romagnola, importanti superfici coltivate presentano valori di carbonio organico anche inferiori allo 0,8%. Numeri questi che attivano un preoccupante campanello d’allarme sulla salute dei nostri suoli agricoli, alla loro capacità di sequestrare CO2 dall’atmosfera e di andare incontro a fenomeni di desertificazione quando il contenuto di C organico scende sotto l’1% in peso.

Reintegrare la fertilità del suolo e i suoi microrganismi
I relatori presenti hanno sottolineato il fatto che dagli anni Sessanta del Novecento, sia in Europa che in Italia, è iniziato un lento declino della qualità del suolo agricolo anche a causa della crescente adozione della “fertilizzazione chimica del suolo” mediante concimazioni con prodotti di sintesi, che ha limitato progressivamente quella organica, portando a un degrado della stabilità di struttura del suolo evidenziato oggi da un calo consistente del contenuto in carbonio organico e da una crescente dispersione di nutrienti delle piante, nitrati in primis. L’Unione Europea nello stilare la strategia Farm to Fork per un sistema agroalimentare equo, salutare e rispettoso dell’ambiente, sollecita una consistente riduzione di pesticidi (50%), fertilizzati di sintesi (20%) e sostanze antimicrobiche (50%) entro il 2030 e, nel contempo, il contenimento almeno del 50% delle perdite dei nutrienti, e in particolare il calo di carbonio organico. Reintegrare la fertilità del suolo significa prioritariamente ricostituirne la struttura attraverso l’applicazione di buone pratiche agricole e l’apporto sistematico e razionale di materiali organici disponibili e sicuri per l’attività dei microrganismi.

Ad oggi alcuni strumenti utilizzati possono risultare non idonei
I presenti hanno inoltre sottolineato il fatto che il suolo, essendo un ambiente vivo e naturale, necessita di materiale organico idoneo il cui incremento nel terreno richiede tempi lunghi di accumulo. In certi casi si paventa l’utilizzo di mezzi tecnici inutili o addirittura potrebbero essere nocivi. Già in previsione dell’applicazione della nuova PAC, si stanno attivando una serie di effetti speculativi con l’immissione al suolo di materiali che per il fatto di contenere carbonio organico vengono inseriti fra gli ammendanti. E’ il caso, ad esempio, del “biochar”, alla lettera “carbone biologico” (il cui utilizzo come ammendate in agricoltura è inserito nell’allegato 2 del D.Lgs. 75/2010) che, essendo un materiale ottenuto per pirolisi di biomasse, rappresenta uno strumento poco fruibile dai microrganismi perché molto stabile, con il rischio di progressivo accumulo nel suolo come “inerte”, modificandone le caratteristiche fisiche. Altre criticità potrebbero derivare dall’utilizzo come fertilizzanti in agricoltura di fanghi di depurazione, per la possibile presenza di sostanze indesiderate organiche (inquinanti Organici Persistenti-POPs-, interferenti endocrini, sostanze farmaceutiche e droghe d'abuso) e inorganiche (metalli pesanti). L’attenzione va invece posta sia agli ammendamenti organici classici come letame, compost e reflui zootecnici, per la loro ricchezza in sostanza organica, sia a “rifiuti” a base organici all’interno della bioeconomia, la cui frazione stabile contribuisce direttamente a costituire le sostanze umiche (humus), che a sua volta migliora la fertilità del suolo.

Come migliorare la salute dei suoli agricoli e il naturale sequestro di carbonio
In conclusione, nella già citata strategia comunitaria, gli allevamenti zootecnici e in particolare la gestione dei letami e reflui zootecnici, vengono considerati responsabili di almeno il 20% dell’emissione di gas climalteranti, a cui si aggiunga che l’Italia è tra i Paesi dell’Unione in infrazione nell’applicazione della Direttiva Nitrati. Si tratta quindi di investire in tecnologie e processi non inquinanti in grado di simulare l’antico sistema delle concimaie, quali l’utilizzo di impianti di digestione anaerobica in grado di trattare i reflui zootecnici, residui organici agroindustriali e frazioni organiche da raccolta differenziata di rifiuti urbani. L’opportunità di tale tecnologia non sta solo nel recupero di energia rinnovabile come il biogas, ma anche nel controllare le emissioni maleodoranti e stabilizzare le biomasse prima del loro utilizzo agronomico, rispondendo agli indirizzi di riduzione dell’inquinamento atmosferico da gas serra, di cui il metano è uno dei principali responsabili. Il regolamento CE n. 1774/2002 individua nella digestione anaerobica uno dei processi biologici che consentono il riciclo dei sottoprodotti di origine animale con la produzione di digestato da apportare al suolo come fertilizzate o ammendante.

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