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20 Novembre 2023

Montagna e pianura un binomio inscindibile

Il dissesto idrogeologico, la tutela e valorizzazione dei boschi e la conoscenza degli equilibri naturali sono stati al centro dell'incontro delle due accademie svoltosi, il 12 novembre a Savignano sul Rubicone, presso la storica sede della Rubiconia Accademia dei Filopatridi. I recenti drammatici avvenimenti ambientali che hanno colpito, negli ultimi mesi, Emilia-Romagna e Toscana, e la necessità di comprendere i motivi scatenanti di tali fatti, sono stati l'occasione per riunire gli accademici esperti, al fine di fornire prospettive scientifiche e di studio utili ad affrontare le nuove emergenze che si presenteranno. Dopo i saluti inaugurali dei due presidenti dei sodalizi, il Dott. Vincenzo Colonna per quello romagnolo e il Prof. Giorgio Cantelli Forti, per quello bolognese, la parola è passata ai relatori i quali, attraverso quattro diverse relazioni, hanno affrontato punti differenti utili ad analizzare in maniera completa gli scenari ambientali e naturali italiani.

Il Prof. Gilmo Vianello, Vice Presidente dell'Accademia Nazionale di Agricoltura, ha trattato il tema della cura dei boschi e del suolo, come fondamentale ago della bilancia nella gestione del complesso sistema ambientale. Dalla loro gestione, infatti, deriva tutto il sistema di cura del territorio, oggi non più visto come un unico grande collettore, e governato con modalità che no tengono conto delle esigenze naturali. Oggi molte strutture che l'uomo ha creato per governare i fiumi sono fortemente degradate, vicino agli argini sono state costruite case, muri, giardini che non permettono il corretto deflusso dell'acqua, la gestione dei territori montani, un tempo dedicati al pascolo, oggi sono coltivati con adatte alla pianura che provocano forti stress ai terreni e agevolano l'erosione con le piogge. Storicamente, ha concluso il Prof. Vianello, i problemi della deposizione dei sedimenti dalla montagna verso la pianura e le esondazioni, sono sempre avvenuti, ma sembra che l'uomo si scordi velocemente di quanto avviene non studiando la storicità degli eventi.

L'acqua non si può mettere in sicurezza, scorre, è la natura dei corsi d'acqua, alla quale sembra non vogliamo adeguarci. Con queste parole il Dott. Daniele Zavalloni, Consigliere del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona Campigna, ha focalizzato il suo intervento, spiegando come l'uomo può prevenire il problema e non risolverlo definitivamente. I fiumi hanno una memoria geologica e, a volte, devono esondare, e proprio dove succede il territorio è stato modificato e urbanizzato senza tenerne conto, o meglio, dimenticandoci di quanto successo prima. Quanto successo di recente nella nostra regione non è un evento straordinario e, soprattutto, non stiamo vivendo un cambiamento climatico, bensì l'avvio di un nuovo clima, e bisogna adeguarsi con metodologie nuove. Le casse di laminazione, ad esempio, tanto richieste, servono se ben posizionate e costruite in maniera adeguata, nell'ultima esondazione in Romagna alcune si sono rotte e hanno peggiorato la situazione, portando più detriti e fango, che hanno creato danni ulteriori.

Il Prof. Federico Magnani, Docente di Selvicoltura dell'Università di Bologna, ha esordito sottolineando che l'Italia ha un territorio particolarmente esposto al dissesto idrogeologico, sia alluvionale in pianura, che erosivo in montagna. Non è un problema nuovo ed è necessario comprendere che i boschi, la cui superficie è notevolmente aumentata in Italia dagli anni cinquanta, sono una fondamentale protezione naturale da utilizzare bene. I boschi, mediante il fogliame e la vegetazione, assorbono naturalmente l'acqua, drenano l'erosione e nutrono i terreni; per questo non vanno eliminati, bensì curati e gestiti con programmi di manutenzione, taglio e pulizia. L'interazione tra bosco e acque è fondamentale, dove vengono tolti aumenta la possibilità di inondazione, come in pianura, perchè l'erosione è influenzata dalla gestione forestale che la attenua. Ma come gestirli in maniera che si conservi la biodiversità, le comunità montane possano vivere gestendo così le esigenze sociali e ambientali? E' la sfida id oggi e si può fare con i mezzi a disposizione.

Il Gen. B. Gianpietro Andreatta, Comandante della Scuola Forestale Carabinieri di Cittaducale, ha infine concluso l'incontro analizzando il complesso percorso normativo che l'Italia, da sempre soggetta per la sua orografia e conformazione geografica ai rischi del dissesto idrogeologico, ha dovuto affrontare dalla sua nascita ad oggi. Già negli stati preunitari esistevano norme dedicate al taglio degli alberi, ai pascoli e alla tutela del territorio, ma è del 1877, la prima legge nazionale che sancisce il vincolo forestale. Nel 1923, grazie alla nota "Legge Serpieri" che, in maniera organica e decisiva istituisce il vincolo idrogeologico, si inizia pensare fattivamente ad evitare frane, smottamenti e inondazioni. Tale norma prevedeva una diversa apposizione del vincolo, a seconda dei luoghi che lo necessitavano, e portò anche a un importante studio cartografico nazionale. Nel 1952 la "Legge Fanfani" indicò nella stabilizzazione del territorio, mediante il rimboschimento, le nuove linee guida della gestione nazionale per finire al 1972, col trasferimento di numerose materie dallo Stato alle Regioni, tra le quali anche le forestali e l'applicazione dei vincoli. Oggi l'azione di cura e salvaguardia capillare del territorio, grazie a una attenta attività e coscienza dei rischi ambientali, caratterizzano l'attività dei Carabinieri Forestali.

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